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Padre Giuseppe alla Camera di Commercio di Como
Padre Giuseppe con il Dott. Tacconi in sala operatoria
I bambini malnutriti giunti a Kalongo dai villaggi del distretto
Padre Giuseppe con la comunità locale di fronte alla chiesa di Kalongo
da ds P. Donini, A. Buoncristiano, P. Giuseppe, C. Forni, L. Lorenzini (infermiera), G. Calzia, B. Melchiori

1980–1984

Sono gli anni più convulsi della storia dell'Uganda che portano all'entrata in scena di Yoweri Museveni. Un tempo di sbandamento, di disordini, di atrocità e di lotte tra etnie che sconfineranno nella guerra civile.

Kalongo rimaneva fuori dai circuiti pericolosi, tuttavia anche lì si facevano sentire le conseguenze dell'instabilità politica. Gli anni 1980-81 sono stati anni di pesante emergenza: fame, colera, mancanza grave di rifornimenti di generi di prima necessità. Nonostante tutto, Padre Ambrosoli aveva dato inizio al Corso Ostetriche a livello superiore e lo stesso Milton Obote, rieletto presidente le 1980, in una sua visita all'ospedale, doveva riconoscere che gli ospedali missionari erano gli «unici ospedali efficienti nel Paese».

Ora con il nuovo corso e dopo le debite approvazioni, ci si adoperava per ingrandire la scuola convitto, la maternità. Ci si attivava anche per installare i pannelli solari così da mettere in funzione due incubatrici per bambini prematuri e le luci notturne per i vari reparti. La casa Ambrosoli di Ronago era divenuta centro di raccolta e di smistamento di tonnellate di medicine e di cibo.

La malattia e il rientro in Italia

Dopo tanto impegno la sua forte fibra cominciava a dare segni preoccupanti di cedimento. Nel maggio del 1982 si recava alla missione di Patongo per due settimane di riposo forzato. In settembre però scriveva che la situazione era peggiorata. Aveva dovuto assentarsi dal lavoro per un mese, costretto a letto per una nefrite.

Dopo che il dott. Corti gli aveva prescritto un ricovero urgente in Italia, ai primi di ottobre Padre Giuseppe lasciava l'ospedale e l'Uganda.

Ad ogni modo la cosa più bella è di essere preparati a vedere in tutte queste cose la volontà di Dio. Anche l'inattività forzata, vista dall’alto non ha nulla di triste ed il periodo di malattia è certo un periodo di grazia” – Padre Giuseppe Ambrosoli

Prima a Ronago, e poi all'ospedale di Tradate, dovette fermarsi a lungo per farsi curare un rene atrofizzato e l'altro gravemente compromesso. Il dott. Terruzzi, suo medico curante, lo informava che si trattava di una pielonefrite e che i suoi reni funzionavano ormai al 30%.

In Uganda, intanto, la situazione era divenuta drammatica e la guerriglia delle forze avverse al governo Obote si era tramutata in autentica guerra civile. Il risultato fu catastrofico: 750.000 persone costrette a trasferirsi nei campi protetti; quelle renitenti furono soggette a ogni vessazione. Nel tristemente famoso «Luwero Triangle», 300.000 persone circa avrebbero trovato la morte o sarebbero state torturate e assassinate.

Fino a maggio Padre Giuseppe era stato rigorosamente a casa sua a Ronago, ma il telefono e le lettere continuavano a tessere le fila degli aiuti. A giugno ricevette il permesso di rientro. A Kalongo, durante l'assenza di padre Ambrosoli, l'ospedale era stato gestito dai dottori Luciano Tacconi, Claudio Blé, Tito Squillaci e don Palmiro Donini. Era diventato l'unico luogo di rifugio per la gente terrorizzata.

Il ritorno a Kalongo

Il 7 luglio dell''83 Padre Ambrosoli rientrava a Kalongo.

Il Diario di Kalongo racconta dell'esplosione di una grande gioia. “Nonostante l'ora insolita per l'Africa, le 8.30 di sera, quindi già dopo il tramonto quando nelle zone rurali tutti si ritirano, le campane suonano a distesa e la gente accorre festante. Solo con grande difficoltà si riesce a convincere le persone di lasciare che il dottore vada a riposare”.

Non doveva essere facile per lui, proprio sul campo che lo aveva sempre visto molto attivo, mettere in pratica quello che gli aveva prescritto il dottor Terruzzi: «almeno 10 ore di riposo assoluto, non più di due ore di sala operatoria, e comunque esclusione di ogni strapazzo fisico»

Da gennaio a maggio 1984 ebbe altre due ricadute. Dopo 13 mesi dal rientro poteva tracciare un bilancio della sua tenuta fisica. Non era più quello di prima: «Ogni tanto qualche male mi salta addosso e poi passa».

Nel frattempo, continuava a migliorare le condizioni dell'ospedale aumentando la capacità recettiva: il reparto per bambini mal nutriti, la casa per le infermiere qualificate, l'ampliamento dell'ambulatorio, il rinnovamento degli impianti elettrici, l'impianto per l'energia eolica ...

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