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Kalongo agli inizi
Gli esterni dell'ospedale di Kalongo
Il reparto maternità
Prime ostetriche qualificate alla scuola di ostetricia
Padre Giuseppe in ospedale visita i pazienti
Padre Giuseppe con il vescovo Mons. G.B. Cesana e sir. F. Crawford, governatore d'Uganda
Padre Giuseppe con il Presidente M. Obote in vista all'ospedale di Kalongo

1956–1968

Il 1° febbraio Padre Giuseppe si imbarcava a Venezia con destinazione Uganda, Kalongo. Una missione situata nella diocesi di Gulu, all’estremo est del vasto territorio degli Acholi nel Nord del Paese: un luogo isolato che contava circa 42.500 abitanti.

I principali artefici della trasformazione di Kalongo erano stati padre Alfredo Malandra e suor Elettra Mantiero che, nel 1947, avevano dato una decisa sferzata sia nel campo delle opere scolastiche che in quello della salute. Il 15 agosto 1948 inaugurava al posto della capanna che accoglieva i malati un dispensario, un anno dopo iniziava a costruire la prima maternità.

A Kalongo cresceva la comunità cristiana e con essa prendevano forma anche le opere educative e sanitarie, tanto che il primo ospedale a nord del paese sarebbe sorto proprio a Kalongo.

Già solo dopo alcuni mesi a Kalongo si era potuto capire chi era Giuseppe Ambrosoli, mentre frequentava al seminario di Lachor i corsi di teologia che gli mancavano.

Il dottor p. Giuseppe Ambrosoli, giunto a Kalongo alla fine di febbraio, inizia nella prima settimana di questo mese il corso di istruzione alle ostetriche e contemporaneamente bada all’ospedale al dispensario”. – Il Diario di Kalongo - 1956

Ritornato a Kalongo in pianta stabile, le attività per Giuseppe Ambrosoli erano molto intense: il problema principale da risolvere era ottenere dal Governo l’approvazione della Scuola per le ostetriche. Allo stesso tempo coadiuvava Suor Mantiero in Maternità per i casi difficili e seguiva numerosi pazienti che si presentavano al dispensario. Infine, era impegnato nella costruzione materiale dell’Ospedale. Provvedeva ai materiali di costruzione viaggiando con il camion in varie parti d’Uganda. Le persone ricordano con grande ammirazione il dottore che non aveva paura di sporcarsi le mani e umilmente caricava sabbia e sassi.

Nel Febbraio 1958 il vescovo mons. Cesana si recava in visita ufficiale e il 24 dello stesso mese era la volta del nuovo governatore d’Uganda, Sir Frederich Crawford.

Assiste alla parata delle scuole e poi visita la Maternità, Ospedale, Scuola di Ostetricia (Midwifery), la tecnica e la Primaria. E’ impressionato dalla mole di lavoro compiuto; promette interessamento per il riconoscimento della Scuola e aiuti finanziari” - Diario di Kalongo

Quello stesso anno “dopo tanto tribolare”, Padre Ambrosoli scriveva che “la scuola veniva approvata”.

Non meno facile era far fronte alla pesante situazione economica dell’ospedale: Padre Giuseppe chiedeva al Padre Generale che i redditi dei capitali a lui intestati e che aveva lasciato alla Congregazione, fossero per la metà assegnati a Kalongo. Iniziava così la non facile e costante ricerca di fondi e di personale medico per garantire un normale funzionamento dell’ospedale che continuava a crescere con un progetto organizzativo che si vedeva benissimo era pensato da un medico.

Da “piccolo ospedale” del 1957 si era passati alla fine del 1959 al completamento di un nuovo ospedale, con una capienza di 200 letti. Kalongo poteva fregiarsi del titolo di primo ospedale cattolico del Nord.

Iniziava a formarsi già in quegli anni la fama del grande dottore che sarebbe poi dilagata in tutta l’Uganda e anche fuori del paese. Dal popolo sarebbe stato identificato come “Ajwaka Madit” – il grande dottore.

Nel 1963 lo aveva raggiunto quello che fino al 1986 gli sarebbe stato più che amico, un fratello carissimo e un aiuto indispensabile, il sacerdote bresciano Fidei Donum, il dott. Palmito Donini. Don Donini sarebbe diventato il braccio destro del chirurgo Ambrosoli. A don Donini facevano capo i reparti di pediatria e di medicina, oltre al lavoro in dispensario per i malati esterni, a Giuseppe invece la chirurgia, le urgenze e il dispensario.

“… qui il lavoro è sempre tanto, riceviamo malati da tutte le parti e non si sa come. Ieri ho lavorato in dispensario due ore al mattino e tre alla sera, visitando quasi esclusivamente malati nuovi. Calcola che alla sera ci saranno in ospedale dalle 300 alle 400 persone: i letti sono pieni e c’è tanta gente che dorme nelle verande, sdraiati uno vicino all’altro. Forse non sono mai stati così tanti. Per di più il dispensario essendo ancora quello costruito nel 1948 è completamente inadeguato al lavoro e spero quest’anno di poter costruire a fianco e ingrandirlo, così da poterci lavorare in modo più conveniente” - Padre Giuseppe, 29 gennaio 1963, lettera alla madre

 

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