Gli scritti di padre Giuseppe

Dal suo Breviario, preghiera

“Signore, insegnami a servirti come meriti, a dare senza calcoli, a prodigarmi senza altra ricompensa che la consapevolezza di fare la tua volontà.

Insegnami a non amare me stesso, a non amare soltanto i miei, a non amare soltanto quelli che amo già, ma soprattutto quelli che nessuno ama.

Abbi pietà, o Signore, di tutti i poveri del mondo, non permettere che io viva felice da solo, fammi sentire l’angoscia della miseria universale, liberami da me stesso. Amen”

Cura degli altri e carità 

“Dio è amore e io sono il suo servo per la gente che soffre” 

“Qui abbiamo avuto mesi di intenso lavoro. La mia corrispondenza è in arretrato spaventoso. Non so letteralmente più come fare. Ma ringrazio sempre il Signore che il lavoro sia tanto, perché siamo qui proprio per questo ed è attraverso il lavoro medico che possiamo arrivare all’anima di tanti malati … In questi paesi la pastorale passa quasi sempre attraverso il corpo” (lettera a Piergiorgio Trevisan – Kalongo, 25 novembre 1981)

“A noi non resta che star qui a condividere e ad aiutare tutti quelli che possiamo”

“Noi non lavoriamo per il nostro interesse personale, bensì per il bene di questa nostra gente che speriamo domani potrà fruire di quanto abbiamo fatto per loro”

“E’ importante che io faccia un proposito sulla carità verso gli africani nella mia funzione di medico: io non li tratto con quella carità che loro desidererebbero e si aspettano da me, medico e missionario. Più pazienza, più comprensione. Farò questo, oggetto dell’esame particolare, per qualche tempo. Devo cercare di impersonare in me il Maestro quando curava i malati che venivano a lui” (Esercizi spirituali – Lacor Seminary di Gulu, 3 settembre 1957)

La predilezione: i poveri, peccatori, i fanciulli e la famiglia

(Esercizi spirituali – Galliano, 3 novembre 1947)

“Gesù ha avuto quattro predilezioni: i poveri, i peccatori, i fanciulli e la famiglia. Devo amare anch’io i poveri, non temere di stare con loro devo mettermi sul loro piano e portare loro una parola buona. L’apostolato deve essere per me non solo d’ambiente ma deve svolgersi anche alle classi sociali inferiori, ai poveri, non badare se sono operai invece che studenti. Mettermi nell’apostolato tra i poveri con umiltà, farmi come loro, sul loro piano, amarli, interessarsi a loro”

“Mai considerati dall’alto in basso, ma bensì fratelli. Hanno diritto a tutta la mia carità. Gesù ha avvicinato i peccatori con l’amore. Devo vivere la carità di Cristo in ogni momento e in ogni ambiente in cui vivo”

“L’amore di Gesù era particolarmente rivolto ai piccoli. L’apostolato che posso fare ai piccoli è grande. Bisogna che mi dedichi a loro nella mia parrocchia, fare loro conoscere e prevenirli contro il male. Farli diventare migliori. Devo attingere a Gesù fonte di questo grande amore. Devo vedere Gesù in ciascuno di loro, devo amarli per Gesù”

“Il Signore di fronte a un padre di famiglia piangente si è sempre commosso. Amare la famiglia. Pensiamo alla famiglia cristiana, Nella società mancano tante famiglie cristiane. È necessario ricristianizzare la famiglia”

Umiltà

La lode non aggiunge neppure una briciola a noi di quello che siamo, ma siamo solo ciò che siamo davanti a Dio. In caso di lode voglio usare un doppio sistema. Internamente fare atti di umiltà di fronte a Dio che ben conosce la mia nullità. Esternamente lasciar fare quasi senza badarci e appena possibile con una frase umoristica o con roba del genere, buttare tutto nel riciclo in maniera che nessuno più si ricordi della lode precedente”. (Diario Spirituale)

“Senza umiltà non si può fare un passo avanti. Con la superbia si va solo indietro e l’uomo è capace solo di fare il male. L’uomo da sé è solo il risonatore dei doni di Doni. Non pessimismo ma neanche autosufficienza, non superbia ma umiltà e solo riconoscimento di ciò che abbiamo da Dio” (Esercizi spirituali – Gozzano, 7 febbraio 1952)

Quando gli annunciarono che gli era stato assegnato il premio “Missione del Medico” dalla Fondazione carlo Erba nel 1963, si racconta che senza interrompere la partita a scacchi che stava giocando, abbia risposto “Lazzaroni! Facevano meglio a mandare qualche cosa per l’Ospedale”

Studio e Chiarezza di obiettivi 

“L’inginocchiatoio per la preghiera, la vita interiore e soprattutto la meditazione. Quest’ultima è fondamentale per la vita del sacerdote. Il tavolino è importantissimo per il sacerdote. Lo studiare per il sacerdote è una virtù indispensabile. Lo studio rende più penetrante, più profonda la meditazione e questa rende più spirituale, più rivolto al bene delle anime e più facile lo studio.” (Ritiro personale – Verona 22 novembre 1951)

“Il mio desiderio è di mettere a disposizione la mia professione a vantaggio delle missioni. Vengo qui a chiedere due cose: se nel vostro Istituto è possibile che un medico possa diventare sacerdote e se uno che è entrato in esso è certo di andare in missione a esercitarvi la doppia professione di sacerdote e medico” (Dall’incontro con Padre Simone Zanoner  Rebbio/como, luglio-agosto 1949)

“Quando non sai che via scegliere, prendi sempre quella che ti costa di più: è la via giusta” (al suo figlio spirituale, dott. Luigi tacconi – Kalongo 1978-1987) 

“Per noi giovani, che, grazie a Gesù, abbiamo una certa formazione cristiana, il campo più proficuo dove possiamo e dobbiamo lavorare è l’Azione Cattolica. L’unico lavoro in cui tutto ha seriamente un fine spirituale. E per questo è il lavoro più redditizio perché questo nostro lavoro, il nostro tempo prezioso che dedichiamo all’Azione Cattolica ha in ogni momento una finalità soprannaturale. E non c’è pericolo che si possa disperdere in cose vane perché questo lavoro ci porta sempre più vicini a Lui, il Cristo” (Lettera a Virgilio Somaini – Ronago, 21 novembre 1946)

Non arrendersi mai di fronte alle difficoltà 

“Dobbiamo andare avanti. C’è ancora così tanto da fare”

“Vai avanti con coraggio. Non c’è mai stato un giorno in cui mi sia pentito della scelta fatta. Anzi questa mia scelta è un’avventura meravigliosa”

“C’è tutto da ricostruire e non sappiamo come sarà il futuro. Meni male che sarà sempre come Dio lo vorrà per noi e quindi per il nostro meglio”

“Speriamo che tutto finisca così da poter cominciare la ricostruzione e il lavoro. Purtroppo, la più difficile sarà la ferita della coscienza di tanti. Fino ad ora sappiamo di un prete africano e di tre padri comboniani uccisi nelle nostre zone. Purtroppo di tanti posti sappiamo solo che sono vini, ma non quanto hanno sofferto e quanto hanno eprso. Sappiamo solo che missioni di Lira e Moroto sono state completamente svaligiate di tutto. Occorre guardare in alto e ringraziare Dio che siamo ancora vivi, pronti a riprendere il lavoro, possibilmente con miglior spirito puntando soprattutto sul bene integrale di questa nostra gente, che ci ha sentiti vicini a loro in questo periodo” (Lettera agli amici della Charitas di Bologna – Kalongo 27 maggio 1979)

 “Nei periodi di disagio, di incertezza, di dissidio, di violenza anche l’azione pastorale diventa più difficile e meno efficace. Occorre fiducia nella Provvidenza e andare avanti come se nulla fosse” (Lettera a Don Antonio Fraquelli – 18 maggio 1982)

“Tutti questi sconvolgimenti poi ci aiutano a sentire tutta la nostra debolezza, la nullità delle nostre sicurezze umane e quindi a capire che solo in Dio dobbiamo porre le nostre speranze”(lettera agli amici della Charitas missionaria – Kalongo, 1 ° maggio 1986) 

“Il 29 gennaio 1986 Kampala cade. I governativi occupano il Nord Uganda. Il futuro, umanamente parlando, si presenta molto oscuro, non essendoci la possibilità di un accordo pacifico tra le parti. Quello che soprattutto ci dispiace è la sofferenza della nostra gente. A noi non rimane che restare qui ad aiutare tutti quelli che possiamo, pregando il Signore che illumini gli animi e abbonisca i cuori, inducendoli a trovare una soluzione pacifica ai problemi politico-militari”(Circolare sui fatti del 1986 – Kalongo, 25 novembre 1986)

 “Con un gran ‘magone’ abbiamo dovuto abbandonare Kalongo. Ma il Signore è grande e ci ha dato la forza di accettare tutto dalla sua mano. E’ questa anzi un’occasione meravigliosa per crescere e maturare spiritualmente e distaccarsi da tante cose terrene. Quindi ringraziamo di tutto il Signore” (Lettera a Mario Mazzoleni – Kampala, 9 marzo 1987)

Accettazione della malattia 

“La cosa più bella è di essere preparati a veder in tutte queste cose la volontà di Dio. Anche l’inattività forzata vista dall’alto non ha nulla di triste e il periodo di malattia è certo un periodo di grazia” (Lettera alla Charitas di Bologna – Kalongo, 28 settembre 1982) 

“Ho dovuto fare 10 giorni in ospedale per tutti gli esami. Questo tempo mi serve per pensare, per pregare e accettare anche il dono della malattia dalle mani di Dio. E’ un po’ l’‘insuccesso amato’ (per amore di dio) di De Foucauld. E’ certo più facile dirlo a parole e per questo vi chiedo una preghiera, perché veramente possa accettare tutto ringraziando il Signore proprio per ciò che è contrario alla nostra volontà” (Lettera alla Charitas di Bologna – Ronago, 31gennaio 1983) 

“Gli esami … piuttosto peggio che meglio. Vuol dire che devo accettare anche questo dalla mano del Signore che mi fa capire che Lui che decide e comanda. Mi sforzo a dire la preghiera dell’abbandono di De Foucauld. Ma non t’illudere perché sono il peccatore di sempre. Speriamo in bene sempre disposti alla volontà di Dio” (lettera a Padre Guido Miotti – Ronago, 17 marzo 1983)

 “Io vado avanti abbastanza bene, ma non sono più quello di prima. Ogni tanto mi salta addosso qualche male. Il mese scorso ho fatto due settimane a letto per una sciatica per cui non riuscivo a stare in piedi. Ora va meglio e sto riprendendo il lavoro. Sarà in ogni modo quello che Dio vuole e questo è sempre una cosa bellissima” (Lettera a Irma Domenis – 17 agosto 1984)

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