La mia esperienza a Kalongo

Francesca Tardini, medico rianimatore del Niguarda, racconta la sua esperienza in prima persona

Tutto è iniziato quando amici e colleghi del mio ospedale, il Niguarda di Milano, mi hanno proposto di partire per un sopralluogo al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital per provare a coordinare e costruire un progetto di sostegno alla nuova piccola Terapia Subintensiva, aperta da circa 1 anno in questo ospedale rurale nel Nord dell’Uganda.

Il contagio dei racconti di chi era già andato è stato potente, e mi ha spinta a voler partire, nonostante il lavoro, nonostante i figli.

Amici e colleghi ci hanno aiutato a raccogliere fondi per sostenere le spese del viaggio, per comprare materiale da portare con un entusiasmo che mai avrei immaginato.

Così lo scorso novembre, tre dottoresse e due infermiere si sono ritrovate amiche in un viaggio di missione medica di dieci giorni al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital. Siamo partite con le nostre agende di milanesi piene di to do list (sopralluogo, formazione, incontri), ma ben presto abbiamo capito che il ritmo di Kalongo batte su altre frequenze.

Ed è bastato poco per capire che, mentre a Milano tutto andava avanti a mille all’ora, noi respiravamo - finalmente! - al lento ritmo africano.

Abbiamo incontrato una realtà profondamente radicata nel carisma e nell’intelligenza umana e professionale di padre Giuseppe Ambrosoli, che la Fondazione Ambrosoli cura e fa crescere verso il futuro.

Nelle lezioni che abbiamo tenuto per i giovani medici e infermieri del Pronto Soccorso e della Terapia sub-intensiva, abbiamo notato un grande entusiasmo e una forte voglia di imparare, nonostante le oggettive difficoltà logistiche.

Nei genitori che hanno perso un figlio ricoverato, abbiamo scorto una dignità straordinaria nel loro dolore, insieme alla fiducia e all’affidamento nel personale dell’ospedale.

Nella Messa del mattino, al suono dei tamburi, abbiamo condiviso l’entusiasmo degli studenti delle scuole della missione e dei loro insegnanti.

E anche se ci hanno spiegato che in Acholi, la parola urgenza non esiste (!), noi che nell’urgenza viviamo tutto il nostro tempo lavorativo, abbiamo provato a spiegare cose tecniche e organizzative: la ventilazione, il politrauma, la gestione del paziente critico, la gestione del paziente ustionato. Lavorando con il personale locale in reparto come colleghi che si conoscono da sempre.

Questa esperienza ha generato Vita intorno a me, come in poche altre situazioni.
Sono certa che tornerò a Kalongo, non solo perché nella mia cantina ci sono già i materiali da portare, ma soprattutto perché alcuni incontri non accadono per caso e non possono essere lasciati andare come se nulla fosse.

Tornerò anche perché devo ancora salire sul monte Oret, il monte del Vento che veglia sull’ospedale, sulla missione, su Kalongo. Devo vedere dall’alto questa piccola e lontanissima parte di mondo, che mi ha insegnato a mettere tutto in prospettiva.

Formazione medica a Kalongo: l’impegno della Fondazione Ambrosoli

In Uganda, dove ci sono solo 1,7 medici e 13 infermieri ogni 10.000 abitanti, la formazione del personale sanitario locale è una sfida continua, ma anche un’opportunità di cambiamento concreto.

Per questo, la Fondazione Ambrosoli investe in programmi di aggiornamento e scambio professionale, coinvolgendo specialisti dall’Italia in percorsi di crescita condivisa.

A novembre 2024, grazie alla collaborazione con l’Ospedale Niguarda di Milano, un team di dottoresse e infermiere della Terapia Intensiva è partito per Kalongo con un obiettivo chiaro: condividere competenze, rafforzare la neonata Unità di Terapia Subintensiva e supportare i colleghi ugandesi nella gestione dei pazienti più critici.
Per cinque giorni, tra formazione, pratica e confronto, hanno lavorato fianco a fianco con il personale dell’ospedale, affrontando casi complessi e approfondendo le procedure per la gestione delle emergenze, dai traumi alle ustioni.

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